top of page

RICETTE TIPICHE LODIGIANE

INTRODUZIONE

 

 

 

 

 

Lodi fu fondata dai Galli Boi nel V secolo a.C. là dove oggi è il borgo di Lodi Vecchio, ottenne la cittadinanza latina nell’89 a.C. da Pompeo Strabone, ed in suo onore assunse il nome di Laus Pompeia. Sotto Giulio Cesare, nel 49 a.C. ottenne la cittadinanza romana e fu <<municipium>> retto da quattruorviri. Della città romana vive il ricordo delle numerose epigrafi e nelle are conservate al Museo Civico, e che ci parlano della vita religiosa e civile di Laus, attorno ai templi di Mefite, di Mercurio e della Vittoria, nonché degli edifici e dei monumenti pubblici dell’età imperiale. Distrutta durante le lotte comunali nel 1111 e nel 1158 dai Milanesi, risorse sul colle Eghezzone nel 1158 per opera dell’imperatore Federico Barbarossa, che Lodi giustamente ricorda come suo fondatore ed in onore del quale tiene dulla facciata del Palazzo Comunale un busto marmoreo. Costituitasi però la Lega Lombarda per difendere le libertà comunali, la città vi prese parte ed a Legnano combattè con gli altri Comuni nel 1176. Nel 1454 a Lodi viene firmata fra Francesco Sforza e la repubblica di Venezia la <<pace di Lodi>> che segna in Italia l’inizio di quell’età aurea tutta discesa al <<rinascimento>> degli ideali classici. Con la discesa di Carlo VIII comincia il periodo  della dominazione straniere: Francesi, Spagnoli ed infine Austriaci sono i padroni della Lombardia, e Lodi segue le vicende del ducato di Milano. L’artigianato locale dà prove eccellenti soprattutto nella ceramica, e le maioliche lodigiane vengono apprezzate in tutta Europa. La battaglia del ponte di Lodi, combattuta il 10 Maggio 1796 da Napoleone contro gli Austriaci, sembra l’indice d’una ripresa d’importanza della città: viene ricostruita la provincia di Lodi e Crema (1816), il Risorgimento polarizza gli ideali di molti illustri cittadini, e Lodi dà all’Italia la prima medaglia d’oro al valor militare delle guerre del Risorgimento: il gen. Saverio Griffini. Soppressa la provincia nel 1860, la vita della città continua semplice ed attiva di opere, al centro del suo territorio che è una delle piaghe più ricche d’Italia per l’agricoltura e la lavorazione del latte.

COSE DA ACQUISTARE: ceramiche <<Vecchia Lodi>> e ferri battuti; grana lodigiana; torta di Lodi; mascarpone; insaccato di maiale.

FESTE TRADIZIONALI: 19 gennaio, festa patronale (S. Bassiano): distribuzione in piazza della Vittoria, della <<büseca de San Bassan>>; 3 agosto, fondazione della città; 13 dicembre, fiera di s. Lucia.

ESCURSIONI NELLE VICINANZE:

- a km.5, Lodi Vecchio, ruderi dell’antica <<Laus Pompeia>> e Basilica di S. Bassiano XII con decorazioni pittoriche bizantineggianti.

-a km.7, Abbadia Cerreto, Abazia cistercense del secolo XII;

-a km. 6, Villanova Sillaro, interessante Abbazia olivetana con coro intagliato (1634);

-a km. 13, Sant’Angelo Lodigiano: Castello Visconteo del secolo XV con importante raccolta d’armi.

TURISMO E CUCINA

 

Amo Lodi; trovo in questa cittadina adagiata nella campagna, sulla riva dell’Adda, le virtù che erano un tempo della mia città, prima fra tutte il rispetto del lavoro. Il lavoro merita rispetto – mai fanatica adorazione – quando è eseguito bene, con riflessione ponderata; è disprezzabile, amico mio, se è solo mezzo per far danaro; in Milano è – quasi sempre – disprezzabile. Lodi ha vinto, o perlomeno sta vincendo, la secolare battaglia con la metropoli (cit. Veronelli)

Una società che, giorno per giorno, avanza con progressione preoccupante verso l’alienazione di massa, deve ricercare necessariamente, se vuole salvarsi, una evasione alle componenti del convulso vivere moderno.
Le grandi metropoli, mostri inumani della frenetica corsa al benessere, hanno fagocitato le romantiche loro periferie per sostituirle con popolosi rioni senza verde, senza pace e con tanto, troppo, cemento.

E’ il caso di Milano, almeno per quanto ci interessa!

Questa città, che non molti anni or sono vantava una propria periferia piena di tradizioni, di ombrose trattorie con <<el giöc di bocc>>, dove si mangiava bene e si spendeva poco, ora si trova prigioniera di se stessa. Ha voluto, od è stata costretta, a crescere a dismisura ed ora sta costatando il fio di tanta crescita.
Se ciò è motivo di rimpianto per i milanesi, per noi lodigiani che non siamo contaminati da questo eccesso di crescenza (alcuni dicono: purtroppo!) deve essere invece motivo di seria meditazione e di... rivalsa.
Infatti, se nel corso della settimana siamo per la maggior parte costretti a pendolare tra i nostri tranquilli paesi e la grande Milano, ci vendichiamo a fine settimana con la metropoli chiamandoli i <<cittadini>> a godere della nostra quiete e a rilassare il loro scosso sistema nervoso nel verde della nostra campagna.
Qui, fiume, roggie, campagne ubertose e tranquille sono, fortunatamente, ancora a disposizione di quanti ricercano tranquillità.

E’ un turismo di giornata in una zona compresa nel raggio di non più trenta chilometri, meravigliosamente servita da strade non ancora intasate dal traffico come quelle della Brianza e le autostrade. Ma se la terra lodigiana offre al nevrotico cittadino la sua quiete e la sua frescura, non si devono però dimenticare i prodotti di questa terra.

Amici fedeli e sinceri, che verso la buona cucina dimostrano da tempo il dovuto rispetto e la necessaria indispensabile competenza, ebbero più volte ad affermare, anche con autorevoli scritti, la validità della cucina lodigiana, sia per la sua genuinità sia per le sue caratteristiche campagnole.

Però quello che non bisogna dimenticare è che la cucina, per essere vera cucina, deve avere la caratteristica del proprio territorio ed i suoi piatti devono essere preparati esclusivamente con ingredienti del luogo.

A questo proposito, mi sia permesso di sinceramente riprovare il sorgere di traiettorie o ristoranti che espongono, a titolo di loro specialità, menu con piatti a base di pesce di mare, di lasagne <<bolognesi>>, di specialità piemontesi o, peggio ancora, di elaborati manicaretti con nomi francesi, ungheresi o di altri Paesi.

Nossignori! Questo non s’ha da fare.

La cucina lodigiana ha una sua tradizione che, seppur non reclamizzata come altre cucine regionali, ha però pieno diritto di vita e può fregiarsi di un suo inconfondibile blasone di nobiltà. Anche se questa nobiltà è basata su piatti che, a prima vista o al distratto consumatore, possono sembrare privi di richiamo.
Voglio qui ricordare quanto il caro ed illustre amico Luigi Veronelli, sulle cui doti di esperto in gastronomia nessuno discute, scrisse sulla cucina lodigiana.

Traggo dal volume <<LOMBARDIA>> della serie <<Guida all’Italia piacevole>>, ed. Garzanti:

<<... Nei cascinali dei dintorni puoi tentare l’acquisto di formaggi di un tempo “abituali”: il mascarpone e il “lodigiano” soprattutto. Facile come un “tredici” da cento milioni.

<<Nelle famiglie legate alla tradizione, orgogliosi piatti autoctoni, autunnali: il “turtin” preparato co “primo” sangue – appesa l’oca, l’anitra, la tacchina, cola da cruda incisione (il sangue di maiale, in mancanza, è tollerato) – subito battuto con la mano o con i rebbi di una forchetta, così da togliergli tutte le fibrine ed evitarne la coagulazione, condito con sale e pepe, mescolato con amaretti e mollica di pane grattugiata e cotto in saporoso fondo, 5 minuti, di olio, cipolla e panna: e il “risott rugus”, più che al dente, tipo pilaff, servito con pasta di salsiccia, unita all’ultimo momento>>.

E non va dimenticato che Veronelli non ha peli sulla lingua quando si tratta di stroncare piatti che non siano più che genuini.

Giorgio Mistretta, pure lui esperto gastronomico, ebbe motivo di scrivere: <<Incontro conviviale con gli amici, alla riscoperta di una cucina che, pur originaria di una zona vicinissima a Milano, ha precise caratteristiche proprie, con ricette legate ai prodotti di questa terra.

Sono piatti semplici e saporiti. Ogni fattoria, da queste parti, alleva qualche maiale, ed ecco gli “üselin de scapada”, delicati bocconcini di pancetta, fegato e lombo, infilzati in bastoncini di legno, avvolti nella reticella del maiale, fritti nel burro e sgrassati all’ultimo da uno spruzzo di vino bianco o marsala secco. Un altro sangue di maiale, panna, latte, formaggio grana, cioccolato e burro.

<<Il pranzo tipico lodigiano che ho potuto apprezzare era così composto: un antipasto di salame e uova sode, rane fritte e frittata con le “urtis” (si tratta delle punte di certi sottilissimi asparagi selvatici che crescno spontanei in abbondanza lungo le roggie e attorno alle siepi), si è proseguito con ravioli al burro fuso, con i lessi misti (gallina ripiena, cappello da prete, cotechino), con i già citati “üselin de sscapada”, e, dopo un assaggio di autentico grana lodigiano, si è concluso con ghiottissimi canoli e con la classica torta di Lodi del “Nazionale”.

Il tutto accompagnato da quattro autentiche perle dei vigneti di San Colombano al Lambro: Verdea, Tocai, Roverone e Merlot, gli unici vini della provincia di Milano>>.

Piatti nostrani ve ne sono a non finire. Basta rivolgersi alle nostre vecchie massaie.

Cuari tempo fa una rubrica su un giornale locale e ponevo ai lettori vecchi piatti lodigiani, ormai caduti in disuso.
Ebbi la soddisfazione di ricevere lettere con le quali mi si chiedevano consigli circa i piatti che proponevo. Il che significa che le nostre donne, pur frequentando i supermarket ed usando i surgelati, non hanno dimenticato che <<... il marito si conquista con la gola...>>.

E se il marito si conquista con un buon piatto di risotto con la salsiccia, perché con tale piatto (e con altri ancora) non è possibile conquistare la clientela da parte di un bravo gestore di trattoria?

Tutto è questione di <<buon gusto>> e di <<savoir a faire>>, si tratta di ruolo, forse, che i gestori di trattorie e ristoranti lodigiani non si erano mai imposti, abituati ad un <<tran tran>> che non aveva altra ambizione che servire quei quattro cacciatori e pescatori domenicali patiti delle sponde del nostro ceruleo Adda.

Il turismo, ne Lodigiano, deve invece diventare industria nel senso più completo ed efficiente della parola.
Abbiamo accennato ad un turismo minore, ma questo <<minore>> deve essere inteso come turismo di fine settimana, con tutti gli attributi di efficienza e di modernità che siano di vero richiamo per quelle migliaia di famiglie metropolitane che sentono come necessità fisica l’uscita della cerchia urbana nelle giornate festive.

Ci sono amici i grandi gastronomi. Sono amicizie importanti che dobbiamo tener presenti per un vero rilancio gastronomico del Lodigiano.

Sono amicizie sincere, che proprio per questo però non dobbiamo tradire!

Di seguito ho riportato alcune ricette tipiche del Lodigiano e di Lodi convinto di poter dare un seppur modesto contributo alla conoscenza delle tradizioni lodigiane.

Sono ricette autentiche, raccolte con pazienza della viva voce di vecchie massaie che, della cucina, hanno nutrito e tuttora nutrono grande rispetto ed amore. Mi è stato fatto notare, da parte di qualcuno, un eccesso di burro negli ingredienti: non va dimenticato che il burro, nel Lodigiano, abbondava in quanto faceva parte del salario dei contadini e dei <<pendissi>> che fittavoli premurosi versavano in conto affittanza ai proprietari dei fondi.

Il sistema circolatorio forse ne risentirà, soffrirà il fegato, ma... l’amor di patria... richiede pure qualche <<grazioso>> sacrificio.

                                                                    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                      

 

 

 

 

 

E’ senz’altro una prerogativa delle regioni della <<vecchia Europa>> quella che la cucina debba far parte del costume, della tradizione e, con il dovuto rispetto per la scienza, della cultura dei popoli.
la cucina, infatti, è valido elemento di civiltà, indispensabile a completare il panorama umano e storico delle varie regioni.

Indubbio quindi il valore turistico della cucina regionale, in un’epoca poi, come la nostra, in cui sempre più intenso si fa lo scambio tra i popoli e sempre maggiore è l’esigenza di una reciproca comprensione.
La cucina lodigiana è la tipica cucina casalinga della <<bassa>>. Sue doti peculiari sono la genuinità, la semplicità e la gustosità ed in ciò si avvale di quanto la terra, la grossa terra laudese, offre di meglio.
pur non proponendo raffinati piatti, la cucina lodigiana si presenta con cibi sostanziosi e gagliardi, nobilitati dai tre ingredienti che, da secoli, sono vanto e lustro del Lodigiano: il burro, il formaggio e gli insaccati di maiale.


Fonte: da “La cucina Lodigiana” di Vittorio Bottini, accademico della Cucina Italiana

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LE RICETTE TIPICHE LODIGIANE

RASPADURA

Quando le forme di Granone Lodigiano erano prodotte artigianalmente nelle casere delle cascine, poteva capitare che stagionassero non perfettamente.

Per questo motivo, al primo taglio potevano presentare dei difetti di compattezza o d'altro genere: allora il padrone faceva togliere con una grossa lama la parte offesa, donando i riccioli di formaggio "malato" ai suoi contadini.

Dunque la raspadüra fu per decenni un cibo buono solo per i poveri, mentre ora è una pietanza ricercata per pranzi e cene di lavoro, venduta anche in lussuosi incarti per essere regalata.

In molti paesi del Lodigiano, in occasione dei giorni di mercato, è possibile assistere ancora oggi alla raspada, ossia l'operazione che fa nascere la raspadüra.

E’ un modo di servire il formaggio grana presentandolo come sottilissime sfoglie, raschiate con un particolare coltello da una forma di Granone Lodigiano oppure di qualunque formaggio grana giovane, stagionato dai quattro ai sei mesi. Viene solitamente servita come antipasto, spesso accompagnata da salumi, noci o funghi, ma può anche essere utilizzata per guarnire primi piatti come il risotto o la polenta.

La raspadüra nacque come cibo povero: in passato era ricavata da forme di grana imperfette, mentre oggi sono impiegate forme d'alta qualità, stagionate per essere tagliate senza sfaldarsi.

 

 

CHIODINI SOTT'OLIO

Antipasto a base di funghi "chiodini" (prataioli di gelso), bolliti nell'aceto e conditi con sale, pepe, cannella, aglio, foglie di alloro,chiodi di garofano e olio d'oliva.

 

INGREDIENTI:

 

-2 Kg di chiodini;

-una manciata di sale grosso;

-2 lt. di aceto di vino bianco;

-2 lt. di olio extravergine d’oliva (di semi se li volete più leggeri);

-4 spicchi d’aglio;

-2 peperoncini piccanti;

-una manciata di pepe a grani;

-un pizzico di origano;

-2 foglie di alloro;
-1 limone

 

PREPARAZIONE:

 

Lavate i chiodini in acqua acidulata con il succo del limone e metterli ad asciugare stesi su un canovaccio.

In una pentola abbastanza capiente fate bollire 3 lt di acqua insieme ai 2 lt di aceto e la manciata di sale grosso.

Appena giunge il bollore calate i funghi e fateli cuocere per 5 minuti.

Scolateli e metteteli a raffreddare e ad asciugare in una teglia con un gocciolatore sul fondo.

Quando si saranno raffreddati riponeteli in un recipiente per poi condirli con l’aglio, l’alloro ed il peperoncino tagliati a pezzettini piccolissimi. Aggiungete l’origano ed il pepe a grani e mischiate.

Riempite i vasetti precedentemente ben lavati, e aggiungete l’olio a più riprese (per riempire tutti i vuoti e quindi eliminare l’aria dal vasetto, occorre tempo e successive ricolmature).

Dopo 2 ore circa chiudete ermeticamente i vasetti e aspettate almeno un mese per gustare i vostri prelibati “sementini sott’olio".

 

PES EN CARPION (PESCE IN CARPIONE)

Antipasto primaverile a base di piccoli pesci d'acqua dolce (tipicamente ghiozzi, cobite e lamprede), fritti e successivamente macerati in acqua e aceto con l'aggiunta di cipolla, aglio e prezzemolo.

 

INGREDIENTI:

 

-600 g di alborelle;
-6 agoni;
-olio per frittura;
-150 g di farina;
-1/2 cipolla;
-1/2 gambo di sedano;
-1 carota;
-1 spicchio d'aglio;
-6 grani di pepe nero;
-3 chiodi di garofano;
-20 g di prezzemolo tritato;
-1 mazzetto di timo selvatico (o segrigiöla);
-1/2 litro di aceto;
-1/2 litro di vino bianco secco;
-sale

 

PREPARAZIONE:

 

Pulire dalle interiora gli agoni e le alborelle, lavarli ed asciugarli. Infarinarli e friggerli in olio bollente, scolandoli con la schiumarola quando sono croccanti. Disporre il pesce nel vaso di terracotta.

Tritare le cipolle, l'aglio, il sedano e la carota. Rosolare in poco olio il trito, imbiondendolo, e quindi aggiungere il timo, i chiodi di garofano e i grani di pepe.
Addizionare l'aceto e il vino, portare all'ebollizione. Versare la salsa sul pesce, dentro la terrina di terracotta, aggiungere il prezzemolo e coprire: si può consumare appena raffreddato, ma è conservabile per alcuni giorni al fresco.

EL TURTIN

Antipasto primaverile a base di piccoli pesci d'acqua dolce (tipicamente ghiozzi, cobite e lamprede), fritti e successivamente macerati in acqua e aceto con l'aggiunta di cipolla, aglio e prezzemolo.

 

INGREDIENTI:

 

-150 gr di panna

-1 l di latte;

-150 gr di formaggio grana grattugiato molto fine;

-un amaretto pure grattugiato;

-50 gr di cioccolato in polvere;

-100 gr di burro;

-250 gr di sangue fresco di maiale o di oca (di anatra o di tacchino).

 

 

PREPARAZIONE:

 

Fatto un impasto di tutti gli ingredienti, aggiungere un poco di sale ed una spolverata di noce moscata e mescolare ben bene il tutto in una zuppiera con una forchetta.

Mettere al fuoco un tegame di terracotta nel quale saranno posti a rosolare 100 gr di sugna di maiale e mezza cipolla tagliata a grossi pezzi.

Non appena la cipolla avrà incominciato la rosolatura toglierla dal tegame aggiungendo lentamente e sempre mescolando l'impasto prima ottenuto.

Far cuocere lentamente il tutto sempre mescolando per circa venti minuti curando che non si raggrumi e avendo l'accortezza di non superare gli 85 gradi di calore.

Versare in terrine molto calde e servire subito.

 

ANTIPASTI

FRITADA EN CARPION

Si tratta di un tipico antipasto estivo: è una frittata a base di carne di vitello e verdure lessate, da servirsi fredda con un "carpione" di cipolle fritte e macerate in acqua e aceto.

Il carpione, è una marinatura a base di olio, aceto ed aromi vari, diffusa in molti paesi d’Italia che serve a dar sapore ma, soprattutto a conservare alcuni alimenti. Nel Monferrato Artigiano è utilizzata per conservare pesci come trota e tinca, carni come bistecche di pollo o verdure come le zucchine.

 

INGREDIENTI (per 6 persone):

 

-6 uova;

-3 spicchi d’aglio;

-2 cipolle bianche;

-15 foglie di salvia;

-2 bicchieri di olio extravergine d’oliva;

-1,5 bicchiere d’aceto di vino bianco;

-sale e pepe

 

PREPARAZIONE:


Pelare gli spicchi d’aglio, sbucciare le cipolle, tagliare il tutto a fette sottili e mettere ad imbiondire in una pentola con tutto l’olio. A cottura, aggiungere le foglie di salvia, un pizzico di sale e di pepe ed infine l’aceto. Lasciare sobbollire per qualche minuto.

Sbattere le uova, salare e, in una padella antiaderente, con un goccio di olio di oliva extravergine, preparare le frittatine non molto grandi. Distribuire le frittatine in una pirofila e ricoprire con il carpione ancora bollente. Lasciare insaporire un giorno prima di servire.

 

PRIMI PIATTI

PASTA E FAGIOLI CON LA CUDEGA

 

La storia di questo piatto inizia oltre duemila anni fa. Originario dell’America e fu costretto ad aspettare Cristoforo Colombo per essere poi importato in Europa insieme a tutte le altre colture (pomodori e peperoni).

 

INGREDIENTI:

 

-500 gr. maltagliati di pasta fresca senza uova tagliati spessi;

-200 gr. di fagioli secchi ammollati in acqua e lessati insieme a una foglia di alloro e a un
ramo di rosmarino;

-3 patate;

-100 gr. di cotenna di maiale lessata a parte e tagliata a dadini,

-una punta di concentrato di pomodoro (facoltativo);

-un trito di cipolla carote sedano;

-un battutino di lardo con una punta di aglio;

-un osso da brodo vestito;

-sale e pepe

 

PREPARAZIONE:

 

Faccio soffriggere nel lardo battuto il trito di verdure cuocendole con il brodo ottenuto dall'osso vestito, aggiungo la cotenna, i fagioli e le patate che ho schiacciato in precedenza grossolanamente con una forchetta.

Per ultimo unisco la pasta e il brodo necessario per ultimare la cottura, aggiusto di sale e pepe.

Impiatto aggiungendo prezzemolo tritato fresco e un filo d'olio extra vergine e il formaggio Bella Lodi grattugiato. 

Servo con crostini di pane, meglio se raffermo, lo taglio a quadrettini e lo passo a gratinare in forno o saltato in padella con erbe aromatiche.

 

GNOCCHI DI PATATE ENBORINATE

 

A partire dal 1880 si diffusero a macchia d'olio gli gnocchi di patate.

La storia degli gnocchi di patate ha inizio quando vennero importate in Europa le prime patate provenienti dal continente americano.

Gli altri tipi di gnocchi comparvero dapprima nei banchetti rinascimentali della Lombardia; venivano impastati con mollica di pane, latte e mandorle tritate e venivano chiamati zanzarelli.

 

INGREDIENTI:

 

-patate bianche;

-300 gr di farina tipo "00";

-1 uovo;

Per la salsa:

-panna;

-mascarpone;

-gorgonzola dolce (strachin burinat)

 

PREPARAZIONE:

 

Lesso le patate, le sbuccio ancora bollenti e le passo man mano con uno schiacciapatate.

Lascio intiepidire e aggiungo lentamente la farina impastando gli gnocchi, non è necessario utilizzare tutta la farina prevista, ma l'impasto va gestito in relazione all'elasticità e alla consistenza dell'impasto.

Lascio riposare per dieci minuti e aggiungo eventualmente ancora farina.
Tirate la pasta formando dei cilindri lunghi due centimetri e passateli sul retro di una grattugia o sui rebbi di una forchetta premendo con il pollice e formando la classica forma degli gnocchi della nonna.

Passo velocemente alla fase di cottura (in questa fase gli gnocchi iniziano ad assorbire umidità, quindi meno tempo trascorre dalla preparazione al momento della cottura meglio è).

Butto gli gnocchi in acqua bollente salata quando sono cotti riaffiorano e, dopo averli scolati, impiattarli.

Per il condimento: sciogliere il gorgonzola a bagnomaria insieme alla panna, al mascarpone, a un pezzo di burro e a una manciata di formaggio Bella Lodi.

Una volta finito, aggiungerli agli gnocchi e serviteli belli caldi a tavola.

 

I CHISSULIN (FRITTELLE DI RISO)

INGREDIENTI:

 

-risotto avanzato (meglio del giorno prima);

-1 uovo;

-Grana Padano o Bella Lodi grattugiato;

-1 fetta di fontina valdostana o altro formaggio saporito;

-pepe;

-pangrattato;

-1 uovo per l’impanatura;

-1 lt di oli di semi di arachide 

 

PREPARAZIONE:

 

In una bacinella mettiamo il risotto avanzato a temperatura ambiente e aggiungiamo 1 uovo, abbondantissimo Grana Padano, pepe e amalgamiamo bene.

Prendiamo un po’ di riso e lo passiamo nel palmo della mano, gli facciamo una fossa al centro e mettiamo un  pezzo di fontina.

Chiudiamo a palla la frittella (come a formare gli arancini) e la passiamo nell’uovo sbattuto e poi nel pangrattato.

Prepariamo anche le altre frittelle nello stesso modo.

In un tegame alto, mettiamo l’olio di arachide e quando è ben bollente (altrimenti la frittura non viene perfetta), immergiamo le frittelle e cuociamo fino a completa doratura.

Scoliamo con un mestolo a ragno e adagiamo la frittura su carta paglia, togliamo bene l’eccesso di olio e impattiamo.

 

SECONDI PIATTI

BUSECA (TRIPPA)

La trippa è stato un ingrediente importante nella cultura contadina, l'alimento per chi, non potendo nutrirsi della costosa carne, riusciva così a rimediare pietanze nutrienti e gustose.
Oggi il consumo di trippa può trovare probabilmente motivazioni addirittura maggiori, perché è un alimento ricco di proteine, circa quanto la carne, e contemporaneamente povero di grassi.

 

INGREDIENTI (per 6 persone):

 

-1200 gr di trippa riccia precotta;

-100 gr di pomodori;

-200 gr di carote;

-100 gr di sedano;

-250 gr di patate;

-50 gr di burro;

-50 gr di lardo;

-60 gr di formaggio grana grattugiato;

-50 gr di cipolle;

-200 gr di fagioli di spagna secchi;

-3 l di brodo di carne;

-sale;

Per la gremolata:

-1 mazzo di prezzemolo;

-1 spicchio d’aglio;

-3 foglie di salvia;

-1 rametto di rosmarino

 

PREPARAZIONE:

 

Lasciare a bagno i fagioli in acqua tiepida con un pizzico di sale, metterli in una pentola con acqua fredda e farli cuocere.

Tagliare a dadini i pomodori, sedano e carote e la cipolla, pelare le patate.

Privare la trippa del cordone di grasso, sbollentarla per qualche minuto per poterla sgrassare ulteriormente, scolarla bene e tagliarla a pezzetti della lunghezza di 1 cm.
In una casseruola, fare rosolare leggermente la cipolla con il lardo battuto e il burro, aggiungere la trippa, il sedano e le carote e fare brasare per circa 10 minuti, mescolando di tanto in tanto con un cucchiaio di legno.

Aggiungere il brodo bollente e fare cuocere su fuoco moderato per circa 30 minuti, aggiungere i pomodori e le patate intere, continuando la cottura a fuoco basso per un'ora.

Lasciare riposare per alcun minuti in modo che l'eventuale grasso rimasto della trippa venga in superficie e possa essere schiumato, schiacciare le patate con una forchetta e aggiungere i fagioli già cotti, riportare a ebollizione e cuocere ancora qualche minuto.

Tritare molto finemente gli ingredienti della gremolata e mescolarli insieme.

Unire, infine, la gremolata con la trippa.

PULENTA PASTISADA (POLENTA PASTICCIATA)

La polenta è un antichissimo piatto di origine italiana a base di farina di cereali.
Il cereale di base più usato in assoluto è il mais, importato in Europa dalle Americhe nel XV secolo, che le dà il caratteristico colore giallo, mentre precedentemente era più scura perché la si faceva soprattutto con farro o segale e, più tardivamente anche con il grano saraceno, importato dall'Asia.

 

INGREDIENTI:


-500 gr di polenta;
-200 gr di salsiccia;
-100 gr di burro;
-2 cucchiai di salsa di pomodoro;
-20 gr di funghi porcini;
-1 cipolla piccola;
-1 carota;
-1 gambo di sedano;
-150 gr di parmigiano grattugiato;
-30 gr di pancetta
 

PREPARAZIONE:

 

Fate un battuto di cipolla, carota, sedano, pancetta e fate soffriggere con metà burro.

Una volta imbiontito mettete la salsiccia e i funghi tritati, sale e cuocere per 3 minuti.

Aggiungete la salsa, l'acqua dei funghi e cuocete per 45 minuti.

Prendete una teglia, imburratela e cospargetela di pane grattugiato, tagliate la polenta a fette e fate uno strato, mettete il sugo, coprite con parmigiano grattugiato e procedete con la polenta, continuate così e come ultimo strato dovete avere il sugo guarnito di burro, in forno per 30 minuti a 200°.

 

 

FUNGI E SALSISA (FUNGHI E SALSICCIA)

 

È un semplice piatto caldo a base di funghi  chiodini (prataioli di gelso) e pezzi di salamella cotti nel burro.

Il tutto viene infine condito con aglio, prezzemolo e formaggio grana grattugiato.

 

INGRENDIENTI:

 

-200 gr di funghi porcini;

-1 cipolla bionda di piccole dimensioni;

-250 gr di salsicce tipo Luganega;

-2 spicchi di aglio;

-prezzemolo;

-1 cucchiaio di olio extravergine di oliva;

-brodo vegetale;

-200 gr di pomodorini in scatola;

-pepe nero macinato al momento;

-sale fino

 

PREPARAZIONE:

 

Pulire i funghi eliminando la parte terrosa del gambo con le radichette e sciacquarli brevemente.

Tagliarli a pezzetti.

Pulire la cipolla ed affettarla finemente.

Spellare la salsiccia e tagliarla a pezzetti di 3-4 cm circa.

Spellare l’aglio e schiacciarlo con i denti di una forchetta.

Lavare il prezzemolo e tritarne le foglie con la mezzaluna su un tagliere.

In una capace padella antiaderente mettere l'olio, l’aglio e la cipolla.

Accendere il fuoco e far soffriggere per 2-3 minuti.

Aggiungere 2-3 cucchiai di brodo vegetale e proseguire la cottura per altri 5 minuti, fintanto che la cipolla non diventa trasparente.

Alzare la fiamma, unire la salsiccia e farla uniformemente rosolare.

Se volete una preparazione più leggera in questa fase potete inclinare la padella e togliere un po' di grasso (fondo di cottura) con il cucchiaio.

Unire i funghi, fare insaporire girando continuamente per un paio di minuti.

Aggiungere i pomodorini, amalgamare e cuocere a fiamma bassa per 15 minuti circa.

Al termine della cottura alzare la fiamma, rosolare qualche minuto, unire una grattugiata di pepe, regolare di sale ed unire un cucchiaino di prezzemolo tritato.

 

I DOLCI

LA TORTIONATA

Nota anche con il nome di "turta de Lòd", è un dolce friabile a base di mandorle tipico della città di Lodi.

La torta sarebbe nata nella prima metà dell'Ottocento dalle mani del pasticciere Carlo Tacchinardi che tramandò la ricetta ai figli Giovanni e Gaetano.

Quest'ultimo la passò al proprio figlio Alessandro a cui, secondo la tradizione popolare, si deve il nome del dolce. Alessandro l'avrebbe chiamata così da un gioco di parole: la "torta di quando io sono nato", ovvero la "torta io nata" (da lì il nome definitivo).

Nel 1885 Alessandro Tacchinardi depositò legalmente il nome della torta lodigiana unitamente al marchio d'impresa.

 

INGREDIENTI:

 

-300 g di farina bianca 00;

-150 g di burro;

-150 g di zucchero;

-150 g di mandorle sgusciate e pelate;

-un tuorlo d'uovo e scorza di limone

 

PREPARAZIONE:

 

S’impastano tutti gli ingredienti aggiungendo per ultima la scorza di limone si dispone il composto in una teglia coperta da carta forno,  non superare l'altezza di due centimetri.

Si lascia riposare un'oretta, poi, sulla superficie, coi rebbi della forchetta, si disegnano delle graffiature in modo da creare delle righe trasversali incrociate. Cuocere in forno per circa un'ora a 120 °C.

La torta si può servire anche con lo zabaione e si abbina bene con vini marsalati, Moscato, Malvasia dolce o vino passito.

 

MEINI

 

Dolci tradizionali del mese di novembre a base di burro e farina, si mangiano sbriciolati nel latte o nella panna, biscotti fragranti preparati con la farina di mais, ottimi a colazione, perfetti in qualsiasi momento della giornata.

 

INGREDIENTI:

 

-300 gr di farina di mais "fioretto";

-200 gr di farina OO;

-160 gr di burro di panna fresco;

-150 gr di zucchero semolato;

-3 uova;

-1/2 bustina di lievito;

-1 cucchiaio di estratto di vaniglia (oppure una bustina di vanillina);

-un pizzico di sale;

-zucchero a velo e semolato per guarnire

 

PREPARAZIONE:

 

Far sciogliere il burro in un pentolino.
In una ciotola grande, sbattere le uova con lo zucchero quindi unire le farine setacciate con il lievito, aggiungere il sale e l'estratto di vaniglia o la bustina di vanillina.
Mischiare bene e aggiungere il burro che nel frattempo si sarà intiepidito, il risultato sarà un impasto morbido, ma comunque lavorabile con le mani.
Formare delle palline, possibilmente dello stesso peso, così si cuoceranno uniformemente.
Prendere le palline e schiacciarle con le mani e fino a formare un disco.
Mettere su una teglia foderata con carta forno, spolverarle con lo zucchero semolato e poi con lo zucchero  a velo e i fiori di sambuco.
Infornare a 180° per circa 20 minuti a forno statico.
Lasciare raffreddare su una gratella e spolverare eventualmente con altro zucchero a velo.

Unknown Track - Unknown Artist
00:00 / 00:00
bottom of page