top of page

STORIA DEI PRODOTTI LODIGIANI

La cucina lodigiana, pur essendo originaria di un territorio molto vicino a Milano, presenta peculiarità proprie ben definite.

Il lavoro dei campi e l’allevamento bovino hanno generato una cucina di riso, mais, frumento, latte e derivati, carne, prodotti della cascina.

Una gastronomia all’insegna della semplicità, fatta di zuppe e minestre (verze e rape, riso e latte), di frittate (fritada cun le sigule – cipolle, cun spinassi – spinaci, cun pana – panna, cun luvertis – luppolo), di polenta, di pollame (pollina alla lodigiana, faraona al mascarpone), di salumi, di tanto latte, burro e formaggio, di qualche dolce (crema al mascarpone, pucia dulsa, bertuldina, turtionada).

Ma la gastronomia della zona si caratterizza soprattutto per la produzione casearia.

Il più rinomato e popolare dei formaggi locali è il Grana Padano DOP, che sembra fosse nato proprio qui.

Caratteristico di questa provincia è poi il Granone Lodigiano, compreso nell’elenco dei 234 prodotti agroalimentari tradizionali lombardi. Un tempo di colore giallo per l’aggiunta di zafferano alla pasta, non viene pressato e quindi “trasuda” siero formando, dopo anni di stagionatura, occhiature di grasso, la cosiddetta lacrima. Le forme giovani vengono tagliate a metà e il formaggio viene raschiato con un apposito utensile ottenendo la raspadura ovvero fogli sottilissimi di lodigiano, specialità ormai rara.

Lodi rivendica la paternità di un altro celebre formaggio, il mascarpone, preparato con la panna di latte, che deve il suo nome alla parola dialettale lodigiana mascherpa che indica il fenomeno di agglomerazione della panna del latte. Infatti il vero mascarpone è il prodotto della coagulazione della panna fresca precedentemente riscaldata a bagnomaria a 90° c.

È anche centro di produzione del Pannerone (o Panerone) da panera – panna, formaggio a latte crudo e intero, caratterizzato da un sapore iniziale dolce che tende gradualmente all’amaro.

Entrambi sono inseriti nell’elenco regionale dei prodotti tradizionali.

 

 

FORMAGGIO BELLA LODI

 

La raccolta del latte è “sostenibile”, proveniente solo da allevamenti vicini. La qualità è innanzitutto garanzia per il consumatore. Bella Lodi è un formaggio di altissima qualità anche perché prodotto con un latte certificato e proveniente da una zona di origine ristretta e ben delineata. Il latte utilizzato, non solo è esclusivamente italiano, ma selezionato attraverso rigidi disciplinari che assicurano la massima qualità sin dalla stalla di provenienza.

Lodigrana produce attraverso regole precise:

 

  1. CICLO PRODUTTIVO CERTIFICATO: Ogni forma di Bella Lodi è lavorata attuando precise regole di produzione. Le massime certificazioni internazionali testimoniano l'altissima qualità e la cura con cui i prodotti Lodigrana vengono lavorati, stagionati e confezionati. Sono una garanzia assoluta per consumatori e rivenditori.

  2. MUCCHE UNICAMENTE NUTRITE CON FORAGGI DI ORIGINE VEGETALE

  3. SOLO DA LATTE CERTIFICATO

SALAME

 

SCHEDA TECNICA: Prodotto ottenuto da selezionate carni di suini allevati esclusivamente nel territorio Lodigiano. Il Salame lodigiano tipico è sottoposto ad un'attenta lavorazione e ad una naturale stagionatura che conferisce al prodotto il tipico aromadolce delle tradizioni Lodigiane.

ABBINAMENTI: Ottimo gustato con una buona fetta di pane.

ZONA DI PRODUZIONE: Lodi

STRADE DEL GUSTO DI RIFERIMENTO:Strada del Vino San Colombano e dei Sapori Lodigiani.

 

Il formaggio Lodigrana Bella Lodi nasce da un'azienda leader nel settore caseario, Pozzali, in un comune del Parco Adda Sud. Ha un colore bianco, profumo intenso, fragrante, sapore pieno e non piccante e non salato. tipica del  Lodigrana Bella Lodi è  la crosta che è di colore nero. Bella Lodi nasce dalla grande e radicata tradizione casearia del grana lodigiana. Il latte con cui si produce  il Lodigrana Bella Lodi, è proveniente dalle stalle concentrate nel lodigiano , latte che viene rigorosamente lavorato seguendo le antiche regole di produzione; ne segue una lunga e paziente stagionatura che garantisce al Lodigrana Bella Lodi quell’aroma e quella compattezza  che lo caratterizza.

Lodigrana Bella Lodi ha una grande caratteristica, viene prodotto senza LIZOMINA , senza conservanti ed allergeni aggiunti, prodotto solo con latte, fermenti lattici, caglio e sale, quindi si conferma come alimento di altissima qualità, assolutamente naturale e genuino, ad alta digeribilità, adatto a tutti, bambini e anziani e soprattutto alle persone intolleranti al lattosio.

 

QUALITA' ORGANOLETTICHE

 

La grana di Bella Lodi è sinonimo di genuinità. Proprio per questa fama e per le sue caratteristiche nutrizionali, Bella Lodi è riconosciuto come alimento ad alta digeribilità, adatto a tutti e particolarmente indicato nell'alimentazione di bambini e persone anziane. Bella Lodi è naturalmente privo di carboidrati adatto quindi agli intolleranti al lattosio.

 

 

BELLA LODI CON CAGLIO VEGETALE

 

Esiste una versione di Bella Lodi prodotto con “caglio vegetale OGM free”. Questo formaggio è particolarmente adatto per persone vegetariane, oppure per essere certificato Kosher e Halal, indispensabile per il mondo musulmano ed essere consumato in alcuni mercati arabi e asiatici.

Ovviamente come nella versione “classica” è rigorosamente:

 

  1.  Senza conservanti (senza lisozima).

  2. Fatto solo con latte italiano di una zona ristretta, attraverso una raccolta sostenibile

  3. Senza lattosio.

  4. Prodotto con energie rinnovabili.


La qualità di questo prodotto, è stata riconosciuta anche da 2 premi internazionali molto prestigiosi,
International Cheese Awards 2011 & World Cheese Awards 2011.

 

 

LA RASPADURA

 

È un modo di servire il formaggio grana presentandolo come sottilissime sfoglie, raschiate con un particolare coltelloda una forma di Granone Lodigiano oppure di qualunque formaggio grana giovane, stagionato dai quattro ai sei mesi. La raspadüra viene solitamente servita come antipasto, spesso accompagnata da salumi, noci o funghi, ma può anche essere utilizzata per guarnire primi piatti come il risotto o la polenta]. Nacque come cibo povero: in passato era ricavata da forme di grana imperfette, mentre oggi sono impiegate forme d'alta qualità, stagionate per essere tagliate senza sfaldarsi.

 

"La cucina lodigiana è quella tipica casalinga della bassa padana. Le sue caratteristiche peculiari sono la genuinità, la semplicità e la gustosità. In ciò si avvale di quanto la "fertile terra laudense" offre al meglio.

Senza proporre piatti raffinati la gastronomia del territorio si presenta comunque con cibi "sostanziosi e gagliardi", resi quasi nobili dai tre principali ingredienti che, da sempre, sono vanto e lustro della zona: il burro, il formaggio e gli insaccati di maiale.

In sostanza una cucina che rispecchia la vocazione agricola del Lodigiano, ricca di piatti che sono frutto della sapiente elaborazione dei prodotti di cascina. Da sempre infatti il territorio è conosciuto per l'autenticità dei suoi alimenti.

La buona tavola, però, è il risultato di una sapiente elaborazione dei prodotti tipici di una terra a cui si dedicano i più attenti operatori del settore, sulla base di approfondimenti culturali che il territorio sa esprimere e di cui è estremamente ricco.

IL MASCARPONE

 

Le origini precise di questo derivato del latte non sono note, ma la sua produzione ed il suo consumo risalgono sicuramente a diversi secoli fa. Secondo il giornalista Gianni Brera il nome esatto del prodotto, dovrebbe piuttosto essere mascherpone, derivando da Cascina Mascherpa, una cascina non meglio individuata che si trova, o si trovava, nella bassa al confine tra le province di Milano e Pavia. Mascherpa è un cognome tipico della zona. L'autore di una raccolta di termini dialettali di Cutrofiano - Lecce -( Pier Donato Colì, 20/09/1873 - 23/01/1943) definisce la panna del latte mascherpane.

Tradizionalmente il mascarpone veniva prodotto solo durante la stagione fredda, mentre oggi è un prodotto reperibile tutto l'anno.

ANTIPASTI

FRITTATA ROGNOSA

È una semplice frittata arricchita con salamella tritata; viene solitamente consumata calda, accompagnata da un contorno di cicoria e cipolle novelle.Un tempo era la frittata degli avanzi degli arrosti e del bollito: la carne rimasta (qualche ritaglio un po’ grasso e un po’ bruttino, sgradevole, rognos nel dialetto locale) veniva insaporita con qualche fetta di salame cotto e la cena del lunedì era pronta.

 

PRIMI PIATTI

La trippa è una frattaglia usata in gastronomia e ricavata dalle diverse parti dello stomaco del bovino e non, come molti credono, dall'intestino

La trippa è un alimento consumato da lungo tempo: i greci la cucinavano sulla brace, mentre i romani la utilizzavano per preparare salsicce. Oggi la trippa costituisce unalimento tradizionale di molte regioni d'Italia, in particolare della cucina romana, toscana e milanese, viene tagliata a strisce e quindi cotta in maniere diverse. Per lo più la trippa viene venduta già lavata e parzialmente cotta, e richiede poi un ulteriore tempo di cottura sia per acquistare la giusta morbidezza sia per potersi impregnare degli aromi che le conferiscono un sapore appetitoso.

                                 

LA TRIPPA

 

IL MINESTRONE

Le origine del minestrone non sono poi troppo lontane nel tempo. E’ probabile che nei primi dell’800 si affermi tra Milano e dintorni, in particolare in Brianza, questa preparazione di basso costo, e di non difficile fattura, che affonda le sue radici nella tradizione dell’alimentazione contadina. La ricetta del minestrone non è facilmente codificabile perchè, soprattutto un tempo, quando le verdure disponibili erano rigorosamente stagionali, gli ingredienti mutavano a seconda della stagione.

 

SECONDI PIATTI

BUSECA

Si tratta della trippa cucinata alla lombarda con pancetta, verdure (carote, sedano e cipolle), fagioli, burro e brodo di sola carne. Per tradizione viene consumata in occasione della festa patronale di san Bassiano (19 gennaio).

PULPETE LIGADE

Involtini di lonza di maiale ripieni di formaggio grana e pane grattugiati, da servirsi caldi con un poco di polenta.

DUNEL EN UMID

Piatto a base di carne di coniglio ("dunél" in dialetto lodigiano), cotta con burro, olio d'oliva, cipolle, carote, sedano e pomodori. Da servirsi con la polenta.

PULENTA PASTISADA

Polenta tradizionale di farina di semola, accompagnata da un sugo a base di burro, olio d'oliva, cipolla, pomodoro e carne tritata (vitellone, pollo oppure maiale). Dopo la cottura, il piatto viene guarnito con fiocchi di burro e raspadüra.

VERSIN EN CRICULON

Foglie di verza cotte con burro e salsa di pomodoro, da servirsi con formaggio grana grattugiato e salumi lessati .

 

SUPA DEI MORTI

 

Si tratta di una minestra tipica del giorno in cui la religione cattolica celebra la commemorazione dei defunti (2 novembre). È preparata con costine di maiale, cotenne, burro, olio d'oliva, fagioli, formaggio grana e verdure (carote, cipolle e sedano).

FARAUNA AL MASCARPON

Faraona ripiena di mascarpone da cuocere con latte, burro, olio d'oliva e verdure.

DOLCI

 

LA TORTIONATA

La tortionata o tortjonata è un dolce friabile a base di mandorle tipico della città di Lodi, riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali come prodotto agroalimentare tradizionale italiano.

Affine alla più nota sbrisolona, se ne distingue soprattutto per l'assenza della farina gialla dalla lista degli ingredienti.

La torta sarebbe nata nella prima metà dell'Ottocento dalle mani del pasticciere Carlo Tacchinardi che tramandò la ricetta ai figli Giovanni e Gaetano. Quest'ultimo la passò al proprio figlio Alessandro a cui, secondo la tradizione popolare, si deve il nome del dolce. Alessandro l'avrebbe chiamata così da un gioco di parole: la "torta di quando io sono nato", ovvero la "torta io nata" (da lì il nome definitivo). Nel 1885 Alessandro Tacchinardi depositò legalmente il nome della torta lodigiana unitamente al marchio d'impresa.

I MEINI

Il pan meino (o pan de mej), è un tipico dolce Lombardo; il suo nome deriva dalla parola miglio, ingrediente molto usato in antichità e che, mischiato ad altre farine, serviva per produrre il pane.
Con il tempo, il normale pane di miglio, si trasformò in un delicato dolce zuccherato che, secondo la tradizione, veniva preparato il giorno di San Giorgio (23 aprile per il calendario ambrosiano), data antica in cui si stipulavano i contratti per la fornitura di latte tra mandriani e lattai.
Il giorno di San Giorgio, data in cui fiorivano i sambuchi, si solennizzava quindi l’antico piatto preparando il pan de mej cosparso di fiori di sambuco e i lattai, per l’occasione, regalavano ai propri clienti la panna liquida per accompagnare questo delizioso dolce, abitudine che continuò a persistere nel tempo.

 

GLI AMARETTI DI SANT' ANGELO

A Sant'Angelo Lodigiano esisteva una ricca produzione di amaretti già nell’800 grazie a tre famiglie che ne codificarono diverse ricette.  Sul filone della tradizione, alla fine degli anni '60, sono nati gli 'amaretti di Sant'Angelo'. Gli amaretti, croccanti e friabili dal fondo amarognolo, vengono gustati intingendoli nel vino, accompagnati a mascarpone ma vengono anche utilizzati come ingredienti per la preparazione di altri dolci o piatti. Vengono triturati e utilizzati per condire la pasta al burro oppure per arricchire di sapore le polpette alle melanzane; si usano per farcire i tortelli, secondo la tradizione della vicina cucina cremasca. E poi per fare torte, al posto del pan di spagna, o per una variante locale del tiramisù, sostituendo i savoiardi.

I VINI

Dei vitigni coltivati fino al secolo scorso, prima della ricostruzione dopo il flagello della fillossera, menzionati in citazioni storiche, sono rimastiCroatina, Barbera, Malvasia e Verdea, quest’ultima conosciuta come “l’uva d’oro”. La Collina del “San Colombano” Doc ha una tradizione di uve rosse, che si mantiene anche oggi. Croatina,   Barbera e Uva Rara sono le uve rosse più coltivate; sono in estinzione Ancellotta, Freisa,  Dolcetto e  Malbec mentre da qualche decennio con ottimi risultati sono iniziate le coltivazioni di Pinot nero, Cabernet Sauvignon, Franc e Merlot. 

Fino a cinquant’anni fa le uve bianche coltivate erano soprattutto uve da mensa, da raccogliere in cassette per essere destinate alle tavole dei milanesi e dei lodigiani. La Verdea è il vitigno a bacca bianca di tradizione più lunga; vanta infatti oltre un millennio di storia. Produce un’uva fragrante dalla buccia resistente facilmente conservabile, fino all’appassimento.

 

 Per il viticoltore della nostra zona è tradizione conservare qualche grappolo di uva verdea da consumare durante il pranzo di Natale, in segno di gratitudine e di buon auspicio.  Per ottenere uva da mensa, venivano coltivati anche Chasselas e Uva regina, che insieme al moscato sono oggi scomparsi. La Verdea è da considerare un vitigno autoctono, attualmente in fase di studio, oggi coltivata per la vinificazione , produce un ottimo vino bianco fresco e fruttato. La coltivazione delle uve bianche si è estesa al Riesling Italico e Renano e da qualche decennio, al Pinot Bianco e Nero, allo Chardonnay, vitigni migliorativi, nobili che vinificati in purezza stanno dando degli ottimi risultati segno della vocazionalità del territorio e della professionalità dei

produttori.

 

I VINI DOC S. COLOMBANO

 

I riferimenti storici parlano di un vino di qualità che nasce dal laborioso rapporto fra la professionalità dell’uomo e la divina vocazionalità del territorio, premiato nel 1984 con il riconoscimento di zona a denominazione d’origine.
L'articolo 1 della legge n° 164 del 10 febbraio 1992, 'la nuova disciplina delle denominazioni d'origine dei vini' cita infatti: 'Per denominazione di origine dei vini si intende il nome geografico di una zona viticola particolarmente vocata utilizzato per designare un prodotto di qualità e rinomato, le cui caratteristiche sono conesse all'ambiente naturale e ai fattori unami.'
Le uve destinate alla produzione del “San Colombano” D.O.C. devono essere coltivate esclusivamente nella zona collinare che comprende in parte i comuni di Miradolo Terme e Monteleone in provincia di Pavia, Graffignana e Sant’Angelo in provincia di Lodi e San Colombano al Lambro in provincia di Milano.
Il vino D.O.C. “San Colombano” è prodotto con le uve rosse legate alla tradizione del Colle: la Croatina, dal 30 al 50%, Barbera, dal 25 al 50 % e Uva Rara, max 15 %. Possono inoltre concorrere alla produzione di detto vino anche le uve a bacca nera provenienti da vitigni raccomandati e/o autorizzati per le province di Milano, Lodi e Pavia presenti nei vigneti, da sole o congiuntamente, fino ad un massimo complessivo del 15% sul totale.

 

La Croatina, vitigno a bacca nera, originaria dell'Oltrepò Pavese, è qui coltivata, come è documentato, da almeno tre secoli. Ma viene da supporre che tale coltivazione sia molto più antica e che risalga allo stesso S. Colombano o ai suoi seguaci, che spostandosi, successivamente la introdussero in altre zone. Qui la Croatina, richiedendo un terreno profondo ed abbastanza ricco di materie organiche e ben esposto al sole, trova l'ambiente ideale. Produce un vino ricco di colore, vinoso, con profumo di frutta matura e di sottobosco; al Doc San Colombano da armonia e colore.
La Barbera è vitigno a bacca nera, molto diffuso, d'origine antica, ma documentato solo alla fine del '700. Al vino dà un colore rosso rubino, un buon profumo, un carattere piuttosto severo, una buona alcolicità e robustezza, caratteristiche che permettono al Doc San Colombano di sopportare un meritato invecchiamento.
L'Uva Rara è un vitigno a bacca nera, di antica origine che dà il meglio di se quando è coltivato in bassa collina. Vinificata da un vino non molto carico di colore, fruttato con profumo di spezie, in mescolanza con gli altri vitigni della Doc, da morbidezza al vino.
Questi tre uvaggi sapientemente dosati, concorrono a produrre il “San Colombano”: un vino di buona struttura, vinoso, armonico, caldo e profumato; un vino prodotto da bersi giovane, se brioso; se di buon corpo e alcolicità si presta, ad alcuni anni di invecchiamento diventando aristocratico ed austero. Nelle sue tipologie è un vino che accompagna la cucina tipica contadina: i salumi, le minestre, la cacciagione, il pollame, i piatti sostanziosi preparati con le parti povere del maiale come il cotechino e la cassoeula, gli stracotti, i bolliti, i formaggi anche stagionati e le castagne arrosto.

 

I VINI IGT COLLINA DEL MILANESE

 

Con la vendemmia 1995, la zona di produzione del Doc. San Colombano è anche zona ad Indicazione Geografica Tipica (I.G.T.) “Collina del Milanese”. Con questa indicazione vengono proposti e valorizzati soprattutto i vini monovitigni: Verdea, Riesling, Malvasia, Pinot bianco e rosso, Chardonnay, Barbera, Croatina, Cabernet Sauvignon e Merlot: vini fermi, frizzanti, giovani, freschi e fruttati ma anche piccole partite invecchiate in botte o piccoli carati, qualche ottimo spumante, charmat e metodo classico, segno del miglioramento qualitativo e professionale della zona. Si tratta di vini tipici, personalizzati, prestigio e vanto di ogni cantina, prodotti con passione e professionalità, che contengono i sapori ed i valori di un piccolo territorio collinare.

 

UN MARCHIO A DIFESA DELLA QUALITA'

 

A riconoscimento dell’importanza che la storia e i suoi personaggi hanno avuto per questa Collina, come marchio della denominazione il Consorzio ha scelto la figura stilizzata del Santo Colombano. Con il marchio vengono premiati i vini a denominazione d’origine “San Colombano” che superano gli esami di controllo finali, prima della commercializzazione, a garanzia di una tipicità e di una qualità riconosciuta.
Un vino per essere considerato a denominazione d'origine, deve essere prodotto con uve raccolte in vigneti iscritti nell'albo della denominazione, albo custodito dalle Camere di Commercio; la dislocazione, la coltura e le tipologie dei vitigni coltivati devono corrispondere a quanto stabilito dal disciplinare di produzione approvato con decreto dal Ministero all'Agricoltura. Il vino, prima di essere commercializzato deve superare l'esame chimico e organolettico ottenendo il giudizio di idoneità dalla Commissione di degustazione istituita dalla Camera di Commercio.
Diventano a denominazione d'origine controllata, i vini prodotti nelle zone viticole a denominazione d'origine, commercializzati solo in bottiglia, dove si sono costituiti i Consorzi di Tutela, dopo aver superato un ulteriore controllo da parte di una Commissione di degustazione nominata dal Consorzio stesso.
Solo dopo questo controllo finale, il vino rosso, prodotto sui colli di San Colombano, viene premiato con il marchio del Consorzio: l'effige stilizzata del 'Santo Colombano' con grappolo d'uva
Nell'ambito del più ampio panorama dei vini giudicati a Doc dalle Commissioni camerali, il contrassegno consortile contraddistingue quelli di maggior pregio e qualità per soddisfare l'esigenza primaria del consumatore, che è quella di essere costantemente rassicurato sulla qualità, genuinità e tipicità dei vini acquistati. Attraverso un regolamento interno che disciplina la gestione del marchio consortile, il Consorzio articola una opportuna strategia per rafforzare il valore e l'immagine del marchio stesso.
Ed è con molta soddisfazione ed orgoglio che i produttori del San Colombano Doc, ornano le loro bottiglie con l'effige del Santo Colombano, in segno di qualità, di tipicità ma anche di gratitudine e devozione verso quello che viene considerato il capostipite della loro viticoltura, un legame con il Santo che rimane forte tutt’oggi.

 

 

 

 

 

Unknown Track - Unknown Artist
00:00 / 00:00
bottom of page